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Cosa dice il nuovo articolo di Nature Reviews Neuroscience ad insegnanti e psicologi

Questo ottobre Nature Reviews Neuroscience  ha pubblicato un interessante articolo, secondo cui psicologi e insegnanti dovrebbero stare all’erta per evitare di imbattersi in neuro-miti in grado di influenzare in modo acritivo l’educazione. L’articolo illustra come alcuni miti sul funzionamento della mente persistano da anni nelle scuole e nei college di diversi paesi del mondo, giustificando anche strategie di insegnamento. Ci sarebbero quindi nozioni tenute in grande considerazione da insegnati in tutto il pianeta, ma senza fondamento, ma anzi pronte a trarci in inganno. Ecco il link all’articolo originale: http://www.nature.com/nrn/journal/v15/n12/full/nrn3817.html?foxtrotcallback=true di cui suggeriamo la lettura agli utenti interessati, essendo questa la presentazione della notizia comparsa e ripresa diffusamente sulla stampa.

Ma quali sono questi miti in cui tutti crediamo e che ci influenzano quando pensiamo al funzionamento della mente che apprende?

La prima, piuttosto diffusa, è l’idea secondo cui noi utilizziamo solo il 10% del nostro cervello. Inizialmente, secondo la Rivista, all’origine del neuromito c’è qualche informazione in principio scientifica, riferita ad esempio ad una ricerca; in seguito però la distorsione sulla natura dei risultati, unita le differenze di conoscenze e di terminologia tra neuroscenze e chi si occupa di insegnamento amplificano il gap tra le due aree.

Ma il neuro-mito più potente sarebbe quello secondo cui si impara meglio meglio se si sceglie lo stile di apprendimento preferito, cioè attraverso un metodo visivo, uditivo, sensoriale etc… un altro mito che può trarre in inganno. Infine gli autori dell’articolo sostengono che ci siano persino testi che suggerirebbero a educatori e insegnanti a stabilire se un bambino “ragioni maggiormente” con l’emisfero destro o sinistro prima di iniziare l’apprendimento. Falsa e inutile anche questa credenza.

Il problema principale, non sembrano essere i miti in sè ma l’uso che ne viene fatto: se infatti su una o più di queste idee viene appoggiato in modo acritico un metodo di apprendimento o una valutazione ecco che il rischio è quello di risultare inefficaci o di pregiudicare il lavoro fatto o peggio, creare pregiudizi. Secondo la ricerca, la fede nei neuro-miti in chi si occupa di didattica sarebbe tanto diffusa a causa della mancanza di un’apposita preparazione sulle neuroscienze nel perocorso formativo.

Il contributo di Nature Reviews Neuroscience risulta così interessante proprio per un implicito che sta sullo sfondo “nell’utilizzo” di questi miti: credere che la mente funzioni in un certo modo implica un atteggiamento nei confronti dello studente in grado di modificare la sua prestazione. Il raggiungimento degli obiettivi dei bambini/ragazzi dipende anche  in parte dall’atteggiamento implicito dei loro insegnanti.

La portata maggiore di questo interessante articolo sembra quindi essere non solo la sua capacità di illlustrare le nostre credenze palesemente errate sul tema, ma il contribuito a promuovere l’idea che la conoscenza dalle neuroscienze potrebbe avere un valore per l’educazione e per gli educatori, anche dal punto di vista didattico.

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